Il digitale e la ristorazione

Mercoledì, 1 Settembre, 2021

Oggi più che mai il mondo della ristorazione è caratterizzato da un’innata tendenza all’innovazione. Tendenza dovuta da un lato all’elevato livello di competizione tipico di questo settore, dall’altro alle nuove normative che impongono il distanziamento, e quindi la necessità di trovare modi alternativi di avvicinarsi ai clienti e creare relazioni strutturate e significative con loro.
In questo articolo racconteremo un po’ di storia della ristorazione, per capire da dove siamo partiti e dove stiamo andando.

L’esigenza di nutrirsi

La storia della ristorazione va di pari passo con quella dello sviluppo del commercio, dei mercati e delle fiere. In queste occasioni le persone, lontane dal focolare domestico per motivi di lavoro, hanno la necessità di portarsi il cibo da casa o comprarlo lungo il cammino. Già nell’antichità si trovano tracce di locali adibiti alla vendita di street food, le cosiddette “cucine di strada”, diffuse ancora oggi in paesi come la Cina e il Giappone. Ma è durante il Medioevo che questa tendenza esplode, portando alla nascita in tutta Europa delle prime “locande”. Punti di ristoro in cui le persone possono mangiare cibi molto semplici in tavoli comuni, riposare e far recuperare le forze agli animali. L’impronta di questo passato si ritrova ancora oggi nei nomi di alcuni ristoranti, “al cambio”, “alla posta”, che si ispirano proprio all’aspetto funzionale di questi luoghi.

La svolta del XVIII secolo

Nel ‘700 in Europa anche gli spacci di bevande alcoliche accompagnano all’offerta di vino, birra o acquavite quella di un pasto semplice ed economico, che cambia di paese in paese. Dalle “Brauerein” austriache e tedesche, che offrono salumi, crauti e formaggio, alle “bodegas” spagnole dedicate al consumo di tapas. Dalle “ouzerie” della Grecia ai “pub” inglesi, alle taverne francesi, si assiste alla diffusione di luoghi di distribuzione di cibo molto basico.

Fanno eccezione le due più grandi città dell’epoca. Londra vede fiorire un numero sempre maggiore di “taverns”: locali lussuosi in cui è possibile gustare pietanze ricercate, frequentati da borghesi e aristocratici che vi si recano per godere di una cucina raffinata.
A Parigi la situazione è ancora diversa. Qui infatti sta prendendo piede il concetto di “alta cucina”, supportato da una schiera di cuochi alle dipendenze della nobiltà. Fuori dalle corti fioriscono i cosiddetti “café”, i raffinati luoghi d’incontro frequentati soprattutto dai filosofi dell’Encyclopédie, in cui però l’offerta si limita a dolci e sorbetti. Le rivendite di cibo e vino, come nel resto dell’Europa, offrono piatti molto modesti. In questo contesto si sviluppa il caso Boulanger.

É il 1765 quando Monsieur Boulanger apre nei pressi del Louvre una bottega sul cui ingresso campeggia la scritta “Boulanger serve qui dei ristoranti divini”.
L’offerta di Boulanger infatti prevede alcuni piatti di carne accompagnati dal “bouillon restaurant”, ossia “brodo ristoratore”: un ricco brodo di carne ideale per recuperare le forze dopo un lungo viaggio. É da qui che ha origine il nome “restaurant”.

Le grandi innovazioni introdotte da Boulanger sono due. Da un lato puntare su piatti salutari e di alta qualità, dall’altro consumarli seduti a tavoli individuali, in un ambiente pulito e tranquillo, a differenza delle rumorose taverne in cui la clientela riunita in grandi tavolate si concentra molto spesso più sul consumo di bevande alcoliche che di cibo.
Queste caratteristiche così speciali contribuiscono ad attrarre la borghesia e l’aristocrazia parigine, e a nulla servono le lamentele della corporazione dei trattori, che all’epoca deteneva l’esclusiva dei vari cibi. La decisione del tribunale di Parigi, che costringe la corporazione a ritirare le accuse, unita alla notorietà e al successo di Boulanger, lo portano in breve tempo ad aprire altri due ristoranti, dove la raffinatezza dei piatti si riflette in un ambiente sempre più elegante e alla moda.

La nascita del ristorante

Diversi trattori iniziano a seguire le orme di Boulanger fino al 1782, quando Antoine Beauvillers, cuoco del conte di Provenza, futuro Luigi XVIII, apre a Parigi la “Grande Taverne de Londres”, il cui nome fa leva sull’interesse verso l’Inghilterra tipico dell’élite culturale parigina.
Un vero e proprio ristorante in cui i clienti godono di attenzioni speciali. Vengono serviti da eleganti camerieri e si dice che Beauvillers li chiamasse per nome e parlasse agli stranieri nella loro lingua. Pietanze raffinate e vini eccellenti vengono presentati su un foglio incorniciato. Si mangia seduti a piccoli tavoli apparecchiati con tovaglie e posate, e alla fine del pasto viene presentata la carta di pagamento. Ecco che la fruizione del cibo esce dal contesto puramente funzionale a cui era relegata e diventa occasione sociale. Nel 1786 la definizione “ristorante” viene approvata da un decreto che autorizza i ristoratori del regno a servire pasti ai clienti.

Pochi anni dopo arriva la Rivoluzione Francese. I nobili che riescono a fuggire si recano all’estero e i loro cuochi si ritrovano senza lavoro. La nuova borghesia, che pure detiene un importante potere economico, si guarda bene dall’assumerli nelle proprie abitazioni. Così i cuochi decidono di mettersi in proprio e l’alta cucina francese esce dall’ambiente di corte, facendo aumentare vertiginosamente nel giro di pochi anni il numero di ristoranti, che passa dalle poche centinaia del periodo pre-rivoluzionario agli oltre 3000 dei primi decenni dell’800.

Questo fenomeno rappresenta il cambio epocale del concetto di ristorazione. Se infatti prima di allora si mangiava fuori soltanto quando si era lontani da casa, ora si va al ristorante per assaggiare piatti che a casa non si mangiano e vivere momenti di convivialità e spensieratezza. Il cibo deve divertire, stupire, sorprendere. Quello del cuoco diventa un vero e proprio mestiere che unisce alle abilità culinarie la creatività e la passione.

Il turismo di lusso

É il XIX secolo quando lo sviluppo dei trasporti rapidi crea un altro fenomeno che influirà pesantemente sul mondo della ristorazione: il turismo di lusso. Prima a viaggiare erano soltanto i nobili, che tendevano a spostarsi nelle diverse residenze di loro proprietà, accompagnati dalla propria servitù. Ora la nuova borghesia viaggia per vedere luoghi diversi, per svagarsi e rilassarsi, e vuole frequentare ambienti raffinati, in linea con il proprio stile di vita.

Uno dei primi a intuire questo bisogno in crescita è lo svizzero César Ritz che inaugura il Grand Hotel di Montecarlo. Un vero e proprio palazzo, all’altezza delle dimore dei regnanti inglesi, che deve offrire anche una cucina di alto livello. Ritz si accorda così con uno dei migliori cuochi di fine ‘800, il francese Auguste Escoffier. L’idea riscuote un successo tale che Ritz ed Escoffier aprono a Londra l’hotel “Savoy”, un luogo considerato ancora oggi sublime. Nascono così i primi alberghi di lusso e il legame tra grand hotel e grande ristorante diventa imprescindibile. 

La ristorazione in italia

In Italia si assiste al fenomeno opposto. La cucina non parte dall’alto, dalle grandi corti, ma dal basso, dalla cultura popolare. La ristorazione d’albergo offre standard modesti, e in generale chi si sposta per viaggiare preferisce scoprire le realtà gastronomiche locali. Il primo hotel a investire nella ristorazione è il Waldorf Astoria Resort “Cavalieri” di Roma che, a causa della sua lontananza dal centro, deve offrire una soluzione all’altezza dei propri ospiti. Siamo a metà degli anni ’90, e la decisione di puntare sulla cucina si dimostra vincente, tanto che ancora oggi molte persone vanno al Waldorf Astoria per poter mangiare nel ristorante a 3 stelle Michelin “La Pergola” di Heinz Beck.

Dimmi dove mangi e ti diró chi sei

Ma cosa spinge le persone a recarsi al Waldorf Astoria soltanto per “mangiare alla Pergola”? Cosa cercano i clienti di un ristorante, oltre al buon cibo?
Oggi tutto quello che facciamo può essere comunicato, finisce sui social e contribuisce in qualche modo a definire la nostra identità. Quindi anche scegliere un ristorante mette in gioco diverse valutazioni e aspetti che fino a poco tempo fa non erano così fondamentali. Recarci ad esempio in un locale noto per la sostenibilità, la trasparenza e la cura nella scelta degli ingredienti fa di noi persone attente all’ambiente e alla salute.

La ristorazione 4.0

Ancora una volta il cliente è al centro dell’attenzione. Perché soddisfazione del cliente significa da un lato fidelizzazione, dall’altro buona reputazione. Ecco che si presenta la necessità di un’infrastruttura tecnologica efficiente, che aiuti a intercettare e tradurre le richieste e le aspettative dei clienti, che offra loro un’esperienza appagante ancora prima di accedere fisicamente al locale, grazie a una gestione omnichannel. Ma quali sono le tecnologie digitali capaci di offrire un supporto concreto per rendere sempre più appagante l’esperienza delle persone che si recano in un locale?

Uno degli strumenti più diffusi è il sistema POS dotato di software, che rende snelli ed efficienti non solo i processi gestionali ma tutto il percorso d’acquisto, dalla presa delle ordinazioni fino al momento del conto. Un punto cassa evoluto infatti consente di guidare al meglio l’esperienza del cliente, offrendo tra l’altro la possibilità di utilizzare sistemi di pagamento diversificati e innovativi.

Al sistema POS si affianca spesso l’informatizzazione del personale attraverso tablet e palmari per la ristorazione che consentono ad esempio di prendere gli ordini rapidamente e inviarli in cucina in tempo reale e senza errori. Questo processo di digitalizzazione consente anche la standardizzazione delle procedure. Ad esempio l’utilizzo di terminali professionali in una cucina può rendere le diverse preparazioni replicabili da chiunque, aumentando non solo la velocità ma anche l’efficienza, la sostenibilità, la sicurezza e la qualità del servizio.

Un’altra tendenza che sta prendendo piede in maniera sempre più importante è quella della digitalizzazione del menù che consente, tra le altre cose, di creare un’esperienza omnichannel.

Al di là delle nuove regole sanitarie, il menù digitale è più semplice da gestire, perché consente di apportare modifiche in tempo reale. Inoltre, a differenza del menù cartaceo, può contenere una serie di approfondimenti su temi che il cliente ritiene interessanti, non solo riguardo la presenza di allergeni ma anche sulla provenienza degli ingredienti o sui processi di preparazione. Non dimentichiamo che i consumatori di oggi sono abituati a trovare tutte le informazioni nel loro smartphone. 
Un menù digitale può essere consultato anche al di fuori del locale, e diventare esso stesso un’attrattiva per i clienti più esigenti, evidenziando caratteristiche uniche dell’offerta, e contribuendo a creare un’esperienza gratificante ancora prima dell’arrivo del cliente. Soprattutto se abbinato a tecnologie che consentono di interagire con il punto vendita, come prenotare il proprio tavolo.

Il menù digitale può essere messo a disposizione all’interno del negozio non solo come QR code da consultare con il proprio smartphone, ma anche attraverso schermi e chioschi interattivi.
I totem digitali sono una delle tendenze che più si sta diffondendo nel mondo della ristorazione, in quanto consentono di vivere un’esperienza che migliora la relazione del cliente con il locale. Compiere le azioni in autonomia infatti fa percepire una maggiore velocità di esecuzione, la possibilità di personalizzare completamente gli ordini, e un rischio minore di fare errori. In più ha a che fare con l’intrattenimento, in quanto offre il piacere di usare uno strumento innovativo, divertente, a cui non siamo abituati.

Nei mesi di chiusura dei locali la digitalizzazione del menù si è rivelata indispensabile per cavalcare l’onda del food delivery. Un fenomeno che tra le altre cose ha dato il via alla diffusione delle dark kitchen, le cucine senza sala da pranzo che si occupano soltanto di preparazione e consegna di cibi a domicilio. Questi ambienti, proprio per la loro funzionalità così strettamente collegata alle vendite on-line, sono il target ideale per l’introduzione di nuove tecnologie che aiutano a massimizzare le performance di vendita.

Infine la digitalizzazione porta con sé un vantaggio unico di cui i ristoratori oggi dovrebbero tenere conto: quello di mettere a loro disposizione una serie di dati che possono aiutarli a modulare e ridefinire l’offerta, in quanto mostrano in maniera chiara quali sono le richieste e le aspettative dei loro clienti.

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